La Malvasia. A Bosa. Ci sono storie, costruite dal legame vitigno-territorio, che trascendono la geografia.  E il tempo.
Bosa e il suo fiume, i vicoli colorati su verso il Castello, le scogliere, i grifoni, la festa di Regnos Altos. Le fave, le lumache, insieme alla malvasia.
I vigneti ‘apiculati’ a prendere iodio e maestrale, tra i comuni di Bosa, Magomadas, Modolo e Flussio. Che là, con il Temo che scorre sotto e il mare che soffia sui filari, quasi sembra Douro.
Un luogo dell’anima. Senza retorica, ma con realismo. La Malvasia ossidativa, lavorata in botti scolme, è il vino di Bosa. Il vino che stregò Veronelli, che a sua volta ‘motivò’ Columbu. E insomma, Storia.

Piero coltiva il sogno del suo Filet in questo scenario. La Malvasia piantata da suo padre, da lui ‘ritrovata’. Con uno sguardo severissimo rispetto alla tradizione e, con lucida ‘modernità’, a concetti di coltivazione e vinificazione quantomai naturali.
Filet. Il ricamo della tradizione Bosana, tanto caro alla nonna di Piero. La tradizione, ancora.
Nella vigna di meno di un ettaro, in agro di Magomadas, Piero coltiva le sue rare uve senza nessun coadiuvante chimico o sistemico. In cantina, da amici, in attesa di averne una tutta sua, si vinifica senza (tecno)enologia. Per l’espressione cercata da Piero, che è di freschezza e sapidità spinte, il vino sosta ‘poco’ in vecchie botti scolme, con il magico sviluppo della flor.
L’esperienza, gustando questa magica zolla di territorio, è un attraente caleidoscopio. Naso e bocca giocano insieme, inseguendosi in un tessuto fitto di sale, macchia, bucce di agrume, erba arsa dal sole sardo, noci e mandorle secche. La nota ossidativa, secca e decisa, impregna e rende raro il tutto, donando, per nostro grande, conquistato stupore, anche una incredibile bevibilità al vino. Bosa. Sardegna.